Cos'è |
Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli enti di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.
L’attività viene svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il Giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Il ragguaglio della pena pecuniaria è di 250 € per un giorno di lavoro di pubblica utilità. Le amministrazioni e gli enti presso cui viene svolta l’attività lavorativa, assicurano il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei condannati.
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Leggi e regolamenti |
Art. 54 del d.lgs 274/2000
Art. 2 della legge 145 del 2004
Art. 73 comma 5 bis inserito dall’art. 4 bis, comma 1, lett. g), del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272
Art. 224 bis del D.Lgs 285 del 1992 (Codice della Strada), così come modificato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 102
Art. 186 comma 9-bis e art. 187 comma 8-bis Codice della strada Art. 6 comma 7 della Legge 13 dicembre 1989, n. 401
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